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giovedì 19 agosto 2010

DE ANDRE': IL ROCK ITALIANO E' IL CANTAUTORATO

Genova è una città aspra, territorialmente angusta, dove bisogna conquistare tutto con il sudore della fronte. E cosù sono i genovesi, pronti a non dare nulla per scontato, pronti a faticare il doppio del necessario per ottenere un risultato. Non è tirchio il genovese. Da solo il giusto peso alle cose in nome degli sforzi fatti. E in una terra del genere l'artista tormentato e raffinato cresce in un terreno fertile. De Andrè ne è forse stato l'esempio supremo.
Il rock, come si sa, è un fenomeno prettamente americano in parente stretto del blues, genere d'eccellenza della cultura afro-statunitense.
Il rock trasposto senza radici, specie in un Italia del dopoguerra, non sarebbe mai suonato autentico. E' non è stato così. Ma la musica italiana, la sua via, il suo rock, l'ha trovato.
I cantanti italiani più rappresentativi sono stati veri e propri poeti che trasponevano i versi in musica. Ma sopra ogni altro, c'è stato lui, il De Andrè che da defunto tutti osannano ma da vivo non hanno saputo apprezzare a sufficienza.
Un cantante capitato quasi per caso nel mondo della musica che conta, che sarebbe diventato un pessimo avvocato a suo stesso dire. Un cantante che detiene una dote incredibile, una capacità di scrivere in rima con una chiarezza di pensiero ed uno stile sopraffino.
Un cantante ma anche un musicista. Che pesca nella tradizione popolare, va alla ricerca di sonorità sempre nuove, sempre aperto a sperimentazioni, contaminazioni e collaborazioni.
Ma soprattutto un poeta mai scontato, che canta il disagio e non il benessere e lo sfarzo.
Una persona che, vittima delle debolezze della natura umana, ci ha lasciato troppo presto, quando aveva ancora molto da dirci e raccontarci

domenica 15 agosto 2010

GLI U2 SAREBBERO MAI NATI DA UN TALENT SHOW?


La domanda è chiara, la risposta è semplice. No. La più grande rock band del mondo non sarebbe mai nata da un reality show. Non avrebbe mai potuto esistere come prodotto preconfezionato del mercato. Eppure la deriva attraversata dal mondo della discografia moderna potrebbe davvero portare a conseguenze così devastanti. Forse già oggi stiamo perdendo la possibilità di ascoltare band di alto livello per ragioni commerciali.
Sia ben chiaro, questo non è un discorso estremista. La musica oltre ad essere un fenomeno artistico è anche un fenomeno commerciale ed ha bisogno de dio denaro per sopravvivere. Ma questo è e deve rimanere un rapporto di funzionalità non di dipendenza.
Non è pensabile che una corrente musicale cosi spontanea come il rock possa essere programmati a tavolino, i componenti di una band possano essere eletti nel corso di una trasmissione televisiva, e i brani siano studiati scientificamente misurando le parole per trovare il miglior prodotto ad uso e consumo del pubblico.
Quella che vogliamo è un altro tipo di musica. Vogliamo una cantina, un garage o un sottoscala. Vogliamo 4 compagni di classe che si conoscono o che mettono un annuncio in bacheca per iniziare a strimpellare assieme. Vogliamo persone che imparino assieme partendo dalle basi, che formino uno stile proprio e originale naturalmente. Che scrivano da soli i loro pezzi. Che magari conquistino il proprio successo dopo alcuni fallimenti iniziali, che vivano interamente la propria esperienza, senza scorciatoie.
Basta talent show, spazio alla musica vera, di pancia, di stomaco.
Perchè possano esserci dei nuovi U2, con altre canzoni, con altri volti.

sabato 14 agosto 2010

LIGABUE, L'ICONA DEL ROCK ITALIANO

Fino agli anni novanta o giù di li, Ligabue nell'immaginario collettivo era solo ed esclusivamente uno dei più famosi ed eccentrici pittori italiani. Oggi, nell'immaginario collettivo, il Ligabue cantante ha scalzato il Ligabue pittore.
Luciano Ligabue se oggi è una delle rockstar più acclamate d'Italia, e divide con Vasco Rossi il trono di sovrano del rock tricolore, agli esordi era più che altro un giovane promettente, con una sconfinata e raffinata capacità di scrittura di testi e l'inclinazione ad un rock grezzo e spartano ma dalla grossa carica emotiva.
Il cantante emiliano conquista il successo solo grazie a una caparbietà fuori dal comune, che gli consente di agganciare le persone che possono promuovere adeguatamente il suo talento. Pierangelo Bertoli, cantautore raffinato percepisce l'energia di questo giovane e lo aiuta molto agli inizi. A Ligabue va il merito di perseguire un progetto musicale chiaro, di proporre un rock non nuovo nei contenuti ma assolutamente personale ed originale per come viene proposto.
Di vere rockstar, poco contaminate dalle logiche commerciali, nell'Italia degli anni 90 ce ne sono poche. Vasco Rossi la fa da padrone e per tutti il rock and roll in Italia è lui.
Il fenomeno Ligabue però, dai primi anni novanta diventa una realtà sempre più concreta.
I primi lavori, contraddistinti da alcuni pezzi che poi diventeranno dei classici, sono accolti con interesse ma non sfondano.
E' il 1995 l'anno d'oro del Liga. L'anno di Buon Compleanno Elvis, un successo da 1.200.000 copie vendute, un record dei record.
E poi i live acclamatissimi. I premi che arrivano. Una canzone come 'Certe notti' che diventa uno dei singoli simbolo dell'esperienza artistica di Ligabue.
Quello è l'anno dell'incoronazione a re del rock italiano.
Ma Ligabue non smette di stupire e e quando nel 1999 si mette dietro ad una macchina da presa con 'Radiofreccia' produce uno piccolo capolavoro.
Non manca nemmeno l'esperienza da scrittore.
E da allora, ogni album, ogni live del Lucianone nazionale è un evento.
Solo gli anni 2000 frenano in parte questo fenomeno.
In questo decennio si avverte una leggera stanchezza, e nonostante uno stile unico nella scrittura dei testi certi riff e certi arrangiamenti appaiono sempre meno innovativi.
Ma un best of pubblicato di recente rilancia il fenomeno Ligabue.
Che proprio quest'anno propone 'Arrivederci Mostro', l'ultimo album.
Col solito grande, incredibile, inconfondibile stile.

martedì 10 agosto 2010

I BLUR GLI OASIS E LA GUERRA DEL BRITPOP

Correvano gli anni 90 quando la tendenza musicale del periodo prese una piega inaspettata, riportando in auge lo stile europeo in tutto il mondo. Lo stile britannico in particolare. Tramite il fenomeno denominato Britpop.
Massimi esponenti di questa corrente furono indubitabilmente i Blur e gli Oasis.
In un perfetto dualismo il loro confronto inizià quasi naturalmente, in ragione dell'estrazione sociale delle due band e delle aree sociali che si prefiggevano di rappresentare.
I Blur erano snob, rappresentanti di una giovane borghesia un pò dandy e boehmienne che cantava di spensieratezza, ma non solo. Con uno stile unico.
Gli Oasis erano i ragazzacci, rappresentanti del proletariato che cercava nella musica una via di affermazione e di espressione. I Blur suonavano complessi nei loro arrangiamenti, gli Oasis preferivano un rock molto scarno ma viscerale.
I Blur erano ben assortiti anche nei ruoli. Damon Albarn, il frontman, il ragazzo di bell'aspetto dal look e l'espressione allampanata ma dal timbro di voce straordinario. Graham Coxon, chitarrista nerd che infondeva ad ogni pezzo del gruppo un'unicità e un carattere fuori dal comune. La stessa virtuosità che si trova fra gli altri componenti della band.
Gli Oasis erano più che altro la premiata ditta Gallagher, i fratelli scapestrati e rissosi che monopolizzavano l'attenzione dei media con le loro liti costanti.
Da una parte Liam, dalla voce stridula e irritante. Dall'altra Noel, dal timbro più caldo e baritonale. Entrambi perfetti per il sound Oasis.
Non mancarono le frecciate, le parole pesanti, gli affronti fra Blur e Oasis.
Un confronto combattuto a suon di nuovi singoli, esibizioni dal vivo, riscontri di pubblico.
Ma come tutte le belle favole, anche questa storia finì.
Finito il periodo d'oro degli anni Novanta, il Britpop si ridimensionò e l'aspettativa di aver trovato i nuovi Beatles venne delusa.
Furono i Blur i primi a soccombere. Il primo atto fu l'uscita di Graham Coxon dal gruppo. La sua assenza si fece sentire in maniera consistente, e il primo album senza di lui perse quel sound inconfondibile e la verve degli anni migliori. Nel 2009 c'è stata la reunion con un mega concerto londinese, seguitissimo fra l'altro. E un nuovo album non è escluso.
Gli Oasis sono sopravvissuti altri 10 anni, fra l'abbandono del batterista e le continue liti dei fratelli terribili. Ma è di pochi mesi fa la notizia dello scioglimento definitivo e dell'inizio delle carriere soliste dei Gallagher.
Anche se il pensiero ritorna a quei magici anni novanta.

lunedì 9 agosto 2010

IL GIORNO DELLA MORTE DI PAUL MCCARTNEY...


Se conoscete almeno un poco della storia dei Beatles, certamente, ne avete già sentito parlare. Si tratta di un presunto complotto, ordito dallo staff manageriale della band inglese che a causa della morte accidentale ed improvvisa del bassista Paul McCartney, deciso di mantenere un terribile segreto costruendo una menzogna ad uso e consumo dell'opinione pubblica.
Era il principio della sfolgorante carriera dei Fab Four e, una sera, poco distante da Abbey Road e dal famoso attraversamento pedonale l'allora giovanissimo Paul, a bordo di un auto sportiva, si schiantava a gran velocità, perdendo la vita.
In quell'occasione i restanti componenti del gruppo e i manager, pur di non far crollare il castello e mantenere vivo il fenomeno Beatles, avrebbero preso la decisione più difficile.
Sostituire il malcapitato Paul con un sosia, da dare in pasto al pubblico delirante durante i concerti. Implausibile. Impossibile. Il fatto è che, da quando questa inquietante voce prese a diffondersi nell'ambiente, il gruppo non smentì mai con vigore. Anzi, cavalcò l'onda, al punto di disseminare le successive copertine degli album di indizi che lasciavano intendere che fosse tutto vero. Con evidenti benefici di immagine.
La sensazione immediata è quella di una bufala gigantesca, e probabilmente questa sensazione corrisponde alla verità. Ma immaginate che non sia cosi. Immaginate che in un gruppo musicale di ragazzi di 20 anni, molto noti ma non ancora famosi, un lutto improvviso metta in discussione il futuro della band. Immaginate che la sostituzione con un sosia sia stata concepita a livello temporaneo, magari per onorare gli impegni imminenti. Ed immaginate che, con sorpresa, il mondo intero non si fosse accorto della sostituzione e non distinguesse il vecchio Paul dal nuovo. Se riuscite ad immaginare tutto ciò, questa incredibile storia vi sembra ancora cosi implausibile?

domenica 8 agosto 2010

GREEN DAY PROFETI DEL PUNK MODERNO?

La nascita del punk, negli anni settanta, è stata un evento potente che ha messo discussione anche le certezze della musica rock. D'improvviso non è più stato così fondamentale saper suonare bene, d'improvviso l'immagine della rockstar politicamente scorretta ed eccessiva nei comportamenti è diventata normale. Era l'era dei Sex Pistols, del punk più rude e primordiale.
Un punk che la sua ragione di vita l'ha mantenuta fino ai giorni nostri.
Ma per quanto estrema e radicale, il punk è stata ed è una forma d'arte che negli anni ha subito delle inevitabili variazioni. E da questo processo è nata una delle band più acclamate dagli anni 90 ad oggi. Di chi stiamo parlando? Semplice dei Green Day.
Questo gruppo, di Berkley (USA), esplode nel 1994 con l'album Dookie, lavoro che riscuote un enorme successo trascinato dalle hit 'When I come around' e 'Basket Case' (che diventa un vero e proprio inno generazionale).
Il concentrato di energia e di freschezza proposto dai Green Day, si affina negli anni e genera album accolti calorosamene dal pubblico.
Lo stile del gruppo si indirizza verso il cosiddetto pop punk, un punk deciso ed energico che però non viene ghettizzato ma attrae un pubblico vasto ed eterogeneo.
Negli ultimi lavori, 'American Idiot' e '21th Century Breakdown' la band si concentra in un impegno politico sempre maggiore, e concepisci gli LP come vere e proprie opere rock, vivendo l'album come un concetto d'insieme e come una raccolta.
Se il punk si è trasformato dalla sua nascita, di certo ha assunto le sembianze dei Green Day.

sabato 7 agosto 2010

SONO FORSE I COLDPLAY, OGGI, IL GRUPPO PIU' FAMOSO AL MONDO?


Nel corso degli anni la musica ha vissuto un particolare passaggio di testimone. Un pò in ogni epoca si sono avvicendati gruppi che hanno calamitato più di altri l'attenzione del pubblico. Al punto di diventare leader incontrastati, da un lato all'altro dell'oceano.
Con quale metro giudicare questa leadership? Le vendite. E in questa costante lotta per detenere lo scettro di miglior band del mondo i vincitori sembrano essere stati davvero pochi. Al punto di poterli contare sulla punta delle dita. Perchè in realtà il successo e l'affermazione lo hanno trovato in tanti davvero, ma chi può dire di essere stato il preferito di europei ed americani al medesimo tempo. Vediamo.
I Beatles. Senza dubbio. Inglesi, una volta sbarcati in America hanno raccolto il consenso pressochè incontrastato. Un successo durato 10 anni, senza battute d'arresto ne ripensamenti. E dopo? Il testimone sembra non raccoglierlo nessuno. Non fraintendiamoci. La loro fetta di gloria la hanno avuta in tanti, il successo globale per alcuni c'è stato.
Ma dovendo ritrovare un consenso simile a quello riscontrato dai Beatles, in tempi recenti possiamo pensare solo agli U2. Che costantemente, ormai da piu di vent'anni, all'uscita del nuovo album fanno il pieno di vendite sia in USA che in Europa. Con hit nelle top ten di tutti i paesi. E oggi? Sicuramente per la band irlandese i fasti si stanno un pò ridimensionando, e i fan di 20 anni fa sono invecchiati, anche se ne hanno acquisiti di nuovi.
Chi raccoglierà il testimone? Difficile a dirsi, ma se oggi esiste una band che riscuote favori e che ad ogni album fa star i fan in ansia per la nuova uscita, questa band si chiama Coldplay.
Un gruppo inglese, fresco, dagli elementi abbastanza giovani, rimasto sulla breccia da più di un decennio che ha fatto di un sound ricercato ed originale la chiave del suo successo. Un sound capace di funzionare anche negli States. E un pezzo di popolarità conquistato da un frontman, Chris Martin, sposatosi con una famosa attrice come Gwyneth Paltrow.
Che dire... porte aperte al nuovo che avanza...

martedì 3 agosto 2010

ROLLING STONES TOUR D'ADDIO. MA SARA' VERO?


Viene battuta in questi giorni dalle agenzie di stampa la notizia secondo la quale i Rolling Stones starebbero progettando per l'anno venturo il tour d'addio che li traghetterebbe alla meritata pensione. Ma l'impressione è che anche questa volta, il gruppo più longevo della storia del rock stia bluffando. Ce lo vedete Mick Jagger che si ritira nella campagna inglese e si dedica a qualcos'altro che non sia la musica. E che dire di Keith Richards, è veramente convinto di negare al suo pubblico l'immagine del suo volto che ogni anno si riempe sempre di più di nuove rughe?
Difficile a credersi. Perchè nell'equazione che produce la magia del rock, le pietre rotolanti rappresentano la costante. C'erano quando tutto è iniziato.
C'erano quando combattevano in un'estemporaneo dualismo con i Beatles.
C'erano per riempire la voragine lasciata dagli scarafaggi, ci sono stati anche quando tutto è cambiato e sembrava non esistesse più spazio per loro. Hanno proseguito negli anni 80, in un contesto che non c'entrava proprio più nulla con loro. E alla fine sono diventati un'insostituibile abitudine. Rimangono l'unica band ad essersi arrogata il diritto di riproporre sempre la stessa musica nei secoli, senza pericolo di stancare.
Chi ci crede veramente... che mondo sarebbe senza Rolling Stones!!!